giovedì 5 novembre 2009

Ciclo del silenzio

SILENZIO ESTERNO
di lt

Silenzio espande.
Sulle le vette che non sanno più d’ombra, espande.
Diviene metafisica il pensiero.
Abbandona i cardini della vita terrena.
Sfuma lontano fra nubi all’orizzonte.
Accerchiato dall’assenza di vibrazione.
Volano lontane le dimensioni della mia ira, piccoli pensieri carichi di pioggia.
Traggo profondo un sospiro, alto, dalla Terra al Cielo, ancora dal Cielo alla Terra, a tramite ne unisco le fila, con occhi persi lontano.
Scorrono criniere rocciose nell’iride, vagabondano verso l’orizzonte.
I miei pensieri, avidi all’ombra degli abeti m’attendono. Paurosi di sole e aria, anche loro s’attardano alla morte, dissoluzione dell’assenza individuale.
Gli orizzonti sfumano in foschia.
Immagino il confine nell’inseguirsi.
Sogno altre vite. Coesione nel tempo.
Riaprire gli occhi è ritrovare il falso ed il vero. Attenti a separarne le essenze.
Il corpo espande le sue mani nel tempo. Radica l’essere, contemporaneo: mente, cuore, mani, piedi.
Ritmico silenzio invade.
Accarezzo con lo sguardo stelle e vacche, distesi ruminanti nei prati.
Cerco ancora il freddo volare dell’aria, mi svuota della pelle, trascina lontano.
Corre su ogni stelo, su ogni roccia, è riva di tutti i laghi, io con lei evolvo inaudito nel cielo.
Vedo il mondo in altre prospettive.
Dalla cima sono così curiosi i mondi.
Sospeso tra me e il mondo si fa intimo comunicare.
Tralascio mente e parole.
Lascio il corpo, semplice proiezione del dovere.
Onde di silenzio volano attorno a me.
Dentro di me.


SILENZIO
di Giuseppina Brunetti

Era un giorno d’Agosto dell’anno scorso.
Un giorno splendido di sole e d’azzurro.
Rimasi sola con Rufy, nell’ultimo tratto di strada asfaltata, nelle vicinanze della via da dove si erano avviati i miei cari, per raggiungere i laghi Serotini. Sentiero che io non avrei potuto fare a causa della mia età avanzata.
I passeggeri dell’unica macchina parcheggiata a poca distanza, sbucarono fuori ad un tratto e se ne tornarono a valle. Rimasi proprio sola. Consumata la mia merenda e lasciato il cane Rufy a custodire la macchina, mi incamminai curiosa di vedere cosa c’era alla mia destra dove si erigeva il monte Pagano. Salii lentamente fra i resti di antiche trincee costruite dai soldati nella guerra del 1915. Ansiosa di arrivare alla meta, tra un tornante e l’altro, dopo un breve tragitto, finalmente mi apparve uno spettacolo meraviglioso. Un’altra distesa di monti coperti di neve e in basso l’alta Val Camonica e i piccoli paesi che fiancheggiano il fiume Olio. Rimasi estasiata dall’ampio panorama che riuscivo a dominare, vorrei poter descrivere l’emozione che provai girando lo sguardo da una parte all’altra. Mi sedetti in contemplazione. L’atmosfera fresca attutì il caldo del sole di mezzogiorno. Non so quanto tempo passò, ma ciò che mi colpì ancora di più fu il silenzio. Un silenzio mai vissuto prima. Un silenzio pieno d’armonia. Un silenzio che pareva ovattare tutte le cose del mondo. Un silenzio che parlava di tutta la tenerezza di Dio. Quelle ore trascorse lassù tra le bellezze del creato mi hanno riempito il cuore di una gioia indescrivibile. Non mi sentivo sola, pensavo, meditavo, parlavo con il mio creatore. Era preghiera la mia? Non lo so. So che sgorgava da me un canto di ringraziamento. Quel ricordo mi è rimasto impresso e tuttora lo rivivo. Nella solitudine della mia camera o in un letto di dolore all’ospedale, mi basta ripensare a quei momenti vissuti e tutte le paure fuggono.
Rivedo l’ampio panorama del gruppo dell’Adamello, risento quell’atmosfera avvolgermi in un caldo abbraccio e ogni cosa assume un’altra dimensione. Tutto diventa più accettabile perché in quel silenzio ho trovato l’amore di Dio.


SILENZIO INTIMO
di lt

E c’era silenzio.
Ma uno di quei silenzi strani, non bastava ascoltare musica o cantare una canzone per mandarlo via.
Era uno di quei silenzi silenziosi, appostati dentro, non si può far niente per cacciarli.
Altro che scherzi, amici, risate e vino. Una volta che tutto è finito che cosa rimane nella parte più ferita del cuore?
Se tu non lo sai, io lo ricordo.
Silenzio.
Un silenzio di quelli che non vogliono dire niente.
Di quelli che sono veramente zitti.
Non sono in silenzio ad aspettare le parole.
Sono dei silenzi morti.
Non ci suono sopra, non ci fumo sigarette.
Non sono io ad ascoltare il silenzio.
È lui ad ascoltare me.
Mentre faccio tutto quell’inutile, insopportabile, rumore.
Tanto vale che mi fermi, che lo ascolti, che finga di essere a mio agio con lui.
Seguirlo.
Vado dove mi porta.
I silenzi portano sempre da qualche parte.
Portano dove non voglio andare, ma devo.
Per questo è inutile sfuggirgli.
I silenzi tornano ad essere i luoghi dimenticati, dove sempre devo tornare.
L’oblio vuole il silenzio, e il silenzio vuole me, almeno di quando in quando, una visita, per i sempre diventati mai.
Quando sentirai anche tu il lungo fiato del silenzio dietro il collo e il suo odore spargersi nell’aria, alza gli occhi al cielo e cerca le tue stelle.
E se non ne hai, faresti bene ad averle.

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