sabato 7 novembre 2009

YOUR CIGARETTE TRACES A LADDER

di Valeria Bisson


Maud pensava che Martene bietrich non aveva un bel viso ma aveva una voce da prostituta d'alto borgo. Aveva comprato un cappello a tesa larga, di velluto marrone, che non aveva mai messo perché si vergognava. Si allacciava con cura una guepiere che aveva rubato di nascosto. Si ammirava nello specchio della sua sudicia cameretta, in piedi sul letto, per vedere l'effetto che faceva. Torceva il busto per vedere come calzava sul lato nascosto. I fari di una macchina in sosta illuminavano le pareti, e lei immaginava un uomo che la sbirciava di nascosto fumando una sigaretta, aspettando la sua prossima mossa. Diventava civettuola e languida, per quest'uomo misterioso che fissava le sue fattezze. Maud aveva una vestaglietta nera di lamé, che aveva sottratto dall'armadio di sua madre. Poteva metterla solo quando era sicura di non essere scoperta. Ora stava appesa su una gruccia, all'anta dell'armadio. Maud accarezzava le maniche con un senso quasi di maternità.


Tess voleva una schiena diversa. Una metà dipinta a scacchi bianchi e neri e l'altra metà a rombi regolari. Tess truccava pesantemente gli occhi di nero. Copriva con una linea circolare gran parte del viso, così che gli occhi risultassero piccoli e nascosti. Le piaceva dire che erano occhi color del caffè. Il marrone e la cioccolata non le erano mai piaciuti. Si raccoglieva i capelli in una crocchia fustigata e tesa, per domare quel ricciolo ribelle che avrebbe voluto tagliare. Una volta avevano detto a Tess che profumava di pane abbrustolito e crema gialla. Tess non aveva riso, ne ringraziato, perché i colori le erano indifferenti. Per lei tutto doveva essere una fotografia in bianco e nero. Pavé in prospettiva e ponti neri su cieli bianchi. Accettava di stringere la mano a qualcuno soltanto se ci vedeva sfumature di grigio.


Joy aveva appetito. E faceva finta di masticare. Riusciva a sentirsi tanto sazia in questo modo, da dover mettersi una mano sullo stomaco e massaggiarlo. Joy beveva solo cappuccini, da tazze bianche e ricamate. Il piattino doveva essere abbastanza grande per poterci poggiare il cucchiaino e fare in modo che nessuna goccia macchiasse il tavolo. Joy costruiva giorno per giorno un labirinto, con del filo spinato, e la sera, finito il lavoro, lo metteva sotto il letto, l'unico posto non coperto di polvere. Joy raccoglieva con cura prima tutta la schiuma del suo cappuccino, e non lasciava che lo zucchero si sciogliesse per dare sapore, ma tentava di imprigionarlo subito tra le labbra. Quando il cappuccino finiva a joy venivano le lacrime agli occhi, perché il suo unico piacere era scivolato via troppo fluido, e avrebbe dovuto aspettare tanto tempo prima di.

Nessun commento: