mercoledì 4 novembre 2009

AMICIZIA OLTRE LA DIVERSITA'

di Igor


Alle tre meno un quarto sua madre ebbe un sussulto. Karim, che stava facendo giocare il suo fratellino Mohammed, chiese alla madre cosa avesse.
“Sento che sta succedendo una cosa terribile.”
“Mamma, Insh Allah, è una delle tue solite preoccupazioni inutili; comunque accendo la televisione.”
“Tu non eri ancora nato, ma quando c’è stata la strage in Libano io me l’ero sentita.”
Erano immigrati dall’Algeria cinque anni prima: il padre aveva preferito Torino alla Francia, a differenza di tanti loro connazionali, perchè aveva sentito dire che l’Italia è bellissima e ha una grande cultura: la bellezza era stata confermata, la cultura no.
Accesero la televisione. Dopo alcuni minuti videro l’inferno. Videro Manhattan impazzita. Una Torre Gemella bruciava, la gente fuggiva terrorizzata. La madre, Alina, gridò.Le tre figlie, Aneda, 10anni, Lia, 7anni, Jasmin Maria, 5anni, vennero dall’altra camera spaventate. Appena videro, iniziarono a gridare e a piangere. Piangeva anche il piccolo Mohammed.
“E’ terribile” commentò Karim ”La fine del mondo.”
“E’ peggio che Beirut, peggio che da noi in Algeria, peggio che in Palestina.” commentò la madre.
Tornato dal lavoro, quella sera, il padre era sconvolto: consolò le bambine e Mohammed, baciò la moglie e diede una carezza a Karim informandosi su come stesse psicologicamente.
Due giorni dopo iniziò la scuola: Karim iniziava la terza media.
Appena entrò a scuola, due compagne si spostarono e lo guardarono con terrore, altri lo guardavano con disprezzo, Marco,che era stato un suo buon amico, gli disse: ”Terrorista! Perchè vieni ancora? Mi fai schifo.”
Anche altri lo insultarono. In cinque addirittura lo aggredirono. Soltanto Michele, suo grande amico, si pose alla sua difesa.
Entrambi finirono con occhi neri e nasi colanti di sangue, ma l’insegnante di Italiano, Giovanna Raimotti, cattolica praticante che si sentiva a posto con la coscienza dando l’offerta in chiesa, preferì raccontare al preside che Karim aveva aggredito i suoi compagni senza motivo.
Il preside, Benito Riboni, fascista ateo, più duro della Raimotti, sospese Karim dalle lezioni per una settimana e convocò per il giorno seguente un’assemblea degli insegnanti per decidere di un’eventuale espulsione.
Michele e Karim, usciti dall’infermeria, si avviarono insieme verso casa.
“Tu non ce l’hai con me, vero?”
“Certo che no. Voi siete amici dell’Italia. I Musulmani non c’entrano.”
“Sì, ma... gli Italiani mi vogliono?”
”Beh, io sì, e anche i miei genitori.”
“Grazie, sei un amico. Ma gli altri? Hai perso degli amici per me!”
“Non erano così importanti. Sono intolleranti. Vieni a casa mia.”
La madre di Michele fu stupita nel vederli, ma vide i loro volti e li accolse bene.
“Cos’è successo?” chiese.
Michele raccontò alla madre, che restò stupita e inorridita da tale intolleranza. Telefonò poi alla madre di Karim, che rimase sconvolta e addolorata, ma acconsentì che il figlio rimanesse lì.
Il giorno seguente Michele raccontò la verità all’insegnante di Musica, Attilio Gualdini, cattocomunista e quindi disprezzato da tutti, e alla professoressa Marta Raspini, di Educazione Fisica, attivista di Sinistra e perciò vista con sospetto.
Nel pomeriggio si tenne l’assemblea. Il preside e la Raimotti chiesero l’espulsione.
“E’ inammissibile tollerare atti di terrorismo a scuola!” attaccò la Raimotti.
Alcuni insegnanti concordavano.
“L’avrà fatto in un momento di rabbia, per qualche diverbio” difese l’altra insegnante di Italiano, Annalisa Rossini, di Azione Cattolica e moderata.
“Ritengo che il fatto sia avvenuto con freddezza” ribattè il preside.
“Ma non possiamo espellere uno studente. Non è mai successo.”
“E’ un pericolo per tutti.” replicò la Raimotti.
“Un pericolo è la vostra intolleranza” tuonò la Raspini.
“E la vostra falsità,” fece eco Gualdini ”la verità è che Karim e Michele sono stati aggrediti dai compagni razzisti e lei ha mentito.”
“Non è vero” si difese la Raimotti ”Io ho visto bene.”
“E ha preferito raccontare una cosa più credibile al preside” rispose la Raspini.
“Se lo hai fatto è grave,Giovanna” commentò la Rossini.
“Ritengo che a questo punto si debba votare” decise il preside.
Erano trenta: per l’espulsione votarono il preside, la Raimotti e altri cinque, in otto votarono per la riammissione, mentre metà si astenne con indifferenza. Il preside dovette accettare la riammissione, la Raimotti promise vendetta.
Quella sera, venerdì, la famiglia andò nella moschea. Dopo la preghiera gli uomini si riunivano a parlare. Ovviamente quella sera parlarono dell’attentato e delle sue conseguenze. Tutti erano sconvolti dall’evento.
“Non è vero. Non è stato un fratello. E’impossibile” disse uno di loro.
“Potrebbe essere stato un falso musulmano, ma non è giusto che ne subiamo le conseguenze” disse Abdul, un amico di Alì.
“Raccontatemi i fatti di intolleranza,” esortò l’Imam ”tu, Abù, segnali.”
Molti raccontarono fatti terribili e tra essi il padre di Karim; Abù, segretario dell’Imam, scriveva tutto pazientemente. Alcuni, pochi per la verità, dichiararono di non averne subiti.
“Io penso” disse Alì ”che noi dobbiamo essere contro il terrorismo e Bin Laden.”
“No, è un fratello, difende l’Islam” ribattè un altro.
“No, non ci aiuta per niente” controbattè Abdul ”E neanche la causa palestinese.”
“Propongo” continuò Alì ”di mandare una lettera all’ambasciata americana di cordoglio.”
“All’infedele?” ribattè contrariato l’Imam.
“Sì. E’ importante. Dobbiamo convivere” disse un altro.
La maggior parte fu d’accordo. Abù la scrisse. Ognuno tornò a casa.
Alcuni amici del padre di Karim lo abbandonarono, mentre altri gli dimostrarono solidarietà.
Il giorno seguente la madre di Michele cercava di convincerlo ad andare a scuola, ma fu irremovibile “Non tornerò mai più a scuola” diceva ”sono ingiusti!”
“So che considerano nemico chi è diverso, ma tu devi andare lo stesso a scuola, per la tua vita, il tuo futuro. E poi, tu devi accettare tutti, anche queste persone.”
“Non voglio andare! Sto male! Vado da Karim.”
La madre si rassegnò e acconsentì. Michele andò dunque da Karim. Mentre erano in casa e parlavano di cose banali, a un certo punto Karim chiese: ”Ma perchè mi sei amico?”
”Perchè sto bene con te, ci troviamo bene.”
“Ma perchè tu non guardi la religione e il colore della pelle?”
“Perchè mia madre e mio padre mi hanno insegnato che siamo tutti fratelli.”
“Grazie. Ti voglio bene.”
“Anch’io.”
Si videro tutti i giorni fino al giovedì seguente; il giorno dopo la sospensione di Karim sarebbe finita, ma decisero di non tornare a scuola.
I genitori di Karim sapevano che non sarebbe stato possibile per lui tornare, ma i genitori di Michele avevano sperato in un’altra decisione ed erano molto preoccupati per il figlio: capivano la giustezza e l’importanza di questa amicizia, ma anche la sua pericolosità da parte delle persone intolleranti.
Quella sera il padre di Karim tornò a casa molto rattristato e annunciò: ”Mi hanno licenziato!”
“Ma perchè? Cos’è successo?” chiese la moglie.
“Ha detto che lavoro male, che penso di più alle “mie attività” che al lavoro e che non ci si può interrompere tre volte al giorno per “inutili litanie”. Ha licenziato anche Abdul e Yasser.”
“Ma è discriminazione! Non puoi andare dai sindacati?”
“Sì, ma ci vorrà almeno un mese, e poi se vinco mi dà solo un indennizzo, ha tredici dipendenti.”
“Però vai lo stesso dalla CGIL, loro sono bravi con noi.”
Dopo aver cenato, essendo venerdì, andarono alla moschea. Dopo la preghiera molti si lamentavano degli atti di intolleranza, ma qualcuno segnalava i bei gesti di apertura di diverse persone.
“Dobbiamo dare un segno di ringraziamento per loro” propose Alì.
“Cosa intendi dire?” chiese l’Imam.
“Per esempio una lettera da parte della moschea” rispose Alì.
“Va bene. Date nomi e indirizzi ad Abù.”
“Ha risposto l’Ambasciata?” chiese Alì.
“No e neanche il Consolato e il Ministero degli Esteri.”
“Dobbiamo continuare a dimostrare amicizia” disse Abdul ”e invitare le altre moschee a farlo.”
L’Imam accettò e Abù scrisse la lettera per le moschee e prese nomi e indirizzi.
Il giorno dopo la madre di Michele telefonò a casa di Karim e rispose Alina.
“Alina, come sta? Ma diamoci del tu.”
“Non tanto bene. Mio marito ha perso il lavoro, Karim è sempre così strano.”
“Mi spiace. Sono tempi duri. Volevo invitarvi a cena per stasera.”
“Non possiamo, non vogliamo disturbare.”
“Nessun disturbo tra amici.”
“Ma non vorremmo crearvi problemi.”
“Non si preoccupi, la gente capirà. Ci farebbe piacere se tu facessi il cous-cous.”
Alina accettò e salutò. Quella sera andarono a casa di Michele. Mentre cenavano la madre di Michele iniziò: ”Mio cognato ha un’azienda che produce pneumatici per auto e ha bisogno di manodopera: è disposto ad assumerti.”
Alì tacque,ma parlò Alina: ”Va bene, grazie mille. Alì, non lasciar scappare le occasioni.”
“Aspetta” intervenne il padre ”non è finita: mia cugina è sarta e comincia a essere stanca di lavorare da sola,tu sai cucire?”
“Sì, ma...”
“Bene, allora lunedì alle 9 ti vorrebbe da lei per un coloquio; Alì, lunedì alle 8 in azienda.”
La serata continuò in allegria e giovialità. Il seguente lunedì marito e moglie furono assunti, mentre il piccolo Mohammed fu tenuto dalla madre di Michele. Il giorno dopo Karim e Michele iniziarono ad andare in un’altra scuola, più tollerante e comprendente altri quindici studenti extracomunitari.
Il preside Goldoni presentò denuncia al Provveditorato che aprì un’inchiesta nei confronti di Riboni e della Raimotti. Alì presentò denuncia con la CGIL nei confronti del suo ex-datore di lavoro.
La domenica seguente Karim stava andando a casa di Michele, quando incontrò Marco, suo ex-amico.
“Ecco il terrorista” lo apostrofò ”Stai andando a lanciare qualche bomba? O ad uccidere qualcuno?”
“Ma perchè mi odi? Eravamo amici.”
“Ma vaf... Cambio strada.”
Scese dal marciapiede e iniziò ad attraversare la strada; non vide l’auto che stava giungendo e l’autista non vide lui; era in mezzo alla strada, quando giunse, lo investì e si fermò. Marco cadde a terra ferito. Karim,preoccupato, corse a soccorrerlo. Aiutato dal conducente, lo tirò fuori da sotto l’auto. Marco aveva una gamba spappolata, un braccio ferito e contusioni su tutto il corpo, ma era cosciente. ”Perdonami, amico, grazie” riuscì a dire.
L’autista chiamò un’ambulanza, che giunse alcuni minuti dopo. Marco fu trasportato in ospedale e Karim rimase con lui, fino all’arrivo dei genitori.
“Che ci fai qui?” chiesero contrariati a Karim ”E’ colpa tua?”
”Karim ha soccorso Marco” intervenne un’infermiera ”Senza il suo aiuto non si sarebbe salvato.”
“Perdonaci” disse la madre; ”Abbiamo sbagliato tutti con te” continuò il padre.
“Non importa ora.” rispose Karim.
Marco si salvò, ma non fu possibile salvare la gamba; fu montato un arto artificiale e riprese a camminare. Lui e Karim tornarono amici; gli ex-compagni, i genitori e i professori, tranne il preside e la Raimotti, si scusarono per il loro comportamento e offrirono aiuto alla famiglia di Karim.
Il preside sospese quei professori dall’insegnamento e assunse supplenti, addirittura cacciò Gualdini e la Raspini senza il voto del Consiglio d’Istituto.
Il7ottobre scoppiò la guerra in Afghanistan. Il venerdì successivo, gli uomini si riunirono.
“Dobbiamo opporci alla guerra con ogni mezzo” propose uno ”mandando qualcuno per la Jihad.”
“Io voglio andare. Difenderò l’Islam” si offrì un giovane.
“No! Non è la soluzione” ribattè Abdul.
“Bisogna dissuadere gli Imam dall’invito alla Jihad con una lettera” propose Alì.
“Dire cosa?” chiese stupito l’Imam.
“Di contrastare il terrorismo e non incitare alla Jihad” rispose Alì.
“Ma è un’aggressione a un paese islamico!”
“E’ una guerra sbagliata, ma non uno scontro di civiltà” replicò Abdul.
“E i Taliban sono nemici dell’Islam” continuò Alì.
“Ma come puoi dire questo?!” chiese l’Imam.
“Stuprano le donne e fucilano chi fa una cosa che non gli va bene.”
“E’ vero” disse un altro ”Non sono islamici”; ”Anche Arafat è contro di loro”dissse un altro.
“Allora, Abù, scrivi la lettera” ordinò l’Imam e tre uomini, segretamente membri di Al-Quaeda, uscirono.
“E poi dobbiamo scrivere al Ministero degli esteri e alle ambasciate dei paesi in guerra dicendo che sebbene la guerra non sia la soluzione, noi non ci uniamo alle chiamate alla Jihad e siamo contro il terrorismo e lontani dai Talebani” propose Alì. La proposta fu accettata e Abù scrisse tutto.
Il 26 ottobre sarebbe stato il giorno delle due sentenze e la famiglia attendeva speranzosa.
Quel giorno la famiglia si recò alla Camera del Lavoro con un rappresentante della CGIL; erano presenti davanti al giudice l’ex-datore di lavoro, Cesare Rigotti e il rappresentante di Confindustria.
“In nome della Costituzione italiana dichiaro che l’impresa Chiminform ha violato l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, in quanto ha licenziato senza giusta causa e per motivi discriminatori Alì Barak. Dispongo che l’impresa versi allo stato un’ammenda di 5000€ e decida tra la riassunzione di Alì Barak e un indennizzo pari a dodici mensilità. Verrà inoltre aperta un’inchiesta riguardo al licenziamento di Abdul Moharos e Yasser Mujarrì. La corte si aggiorna.”
Alì esultò, ringraziò il giudice e il sindacalista e uscì di corsa con la famiglia: subito si recarono al provveditorato. Davanti al commissario ministeriale erano presenti il preside, la Raimotti, tutti i professori,gli studenti e i genitori.
“In nome del Ministero dell’istruzione dichiaro che il preside Riboni e la professoressa Raimotti hanno tenuto comportamenti discriminatori nei confronti dello studente Karim Barak e inoltre il preside Riboni ha preso decisioni irregolari; dispongo pertanto che essi siano radiati dall’albo degli insegnanti ed espulsi dalla scuola statale italiana; inoltre nei confronti di Dario Riboni sarà aperta un’indagine di polizia per possibili corruzione e associazione eversiva fascista. Grazie, arrivederci.”
Il preside se ne andò indignato e promettendo vendetta; la Raimotti si rivolse agli ex-colleghi: ”Mi avete profondamente deluso; e lei, buffoncello, crede che la sua decisione mi tocchi? Parlerò con Letizia e lei mi darà ragione e la caccerà dal ministero.”
“Non mi risulta che la signora Moratti la conosca. Per favore, se ne vada.”
Karim e Michele si abbracciarono; Marco promise ai due eterna amicizia; i compagni e i genitori si complimentarono; il giorno seguente Karim e Michele tornarono nella vecchia scuola; la madre di Karim trovò nuove amiche nelle madri dei compagni e Alì iniziò a giocare a calcetto con il padre di Michele e i suoi colleghi; l’azienda Chiminform fallì due settimane dopo e il suo proprietario Rigotti fu arrestato per sfruttamento di manodopera in nero e corruzione; tre mesi dopo Riboni fu giudicato colpevole di corruzione e associazione a delinquere con fini eversivi e furono arrestati tutti gli altri membri; la Raimotti iniziò in dicembre a lavorare come governante in una famiglia insieme a una cuoca tunisina e a una cameriera filippina; il giorno di Natale l’Imam fece visita al parroco: l’incontro era stato favorito da Alì e dal padre di Michele e i due religiosi manifestarono reciproca amicizia e auspicarono la pace e il dialogo tra le culture.

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