sabato 7 novembre 2009

IL JOINT

di Giovanni


Il joint si ergeva maestoso al di sopra del suo viso, del suo naso, del suo ciuffo.

"Che figata fumare a letto" si disse trattenendo nei polmoni il fumo brucia-bronchi del primo tiro.

"Joint", pensò. "Giolla, canna, barnello, spino, tarzanello, bomba, tromba, spliff", ripassando mentalmente i termini gergali che designavano la meravigliosa opera d'ingegneria manuale e dedizione costante che stava stringendo tra le labbra sottili.

Dopo un istante, stava soffiando via il fumo bianco e denso, tipico della combustione di quella resina di madre natura che tanto ama la gente come noi.

Tutti gli dicevano che fumava come un fattone, inspirando i tiri profondamente e trattenendoli a lungo, per accelerare e rendere epica la stonatura.
"Tanto peggio per loro", pensava autoindulgente, e in fin dei conti non gliene fregava granché, "tanto, miei cari, polmoni e neuroni sono miei, e non vostri".

Ora sentiva già le percezioni allentarsi e farsi slabbrate, i ragionamenti diventare via via sconnessi e traballanti come le tavole marce di un vecchio molo mangiato dalla salsedine.

Ora vagava, o meglio, divagava nelle lande sterminate dei suoi pensieri.
Ed entravano in scena donne, corsi universitari, guerre lontane, conflitti vicini, ansia, stupore, ormoni, odio, rabbia e ispirazione.

Era in momenti come quello che accendeva il computer e si metteva a scrivere, incurante del tempo e di tutto, del figlio dei vicini che faceva cigolare pericolosamente il suo letto ad una piazza in compagnia della fidanzata di turno, del cielo che si addensava in nubi scure di temporale, dei pezzetti di fumo intrappolati sotto le unghie.

In quei momenti era tutto a posto, tutto in ordine.
Nulla di più semplice e chiaro e lineare, credetemi.

Non vogliategliene, cari manzoniani 25 lettori.
E poi, non che scrivesse solo in fattanza, cioè, tradotto in italiano, sotto l'effetto di sostanze.
Non era certo il tipo da mettersi ad imitare goffamente e fuori tempo massimo i poeti decadentisti o cose così, tipo Parigi, le bettole, l'assenzio e niente soldi.
Gli piaceva, è chiaro, ma non era la sua ragione di vita. Semplicemente, era un buon modo per apprezzare meglio le circostanze.

E a culo tutto il resto.

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