sabato 7 novembre 2009

Sarò brava, sarò brava, sarò brava.

di Francesca Stella Riva


Gelatina. Come la torta della mamma di Sara, ne saggi la consistenza con un bastoncino: decisamente gelatina, viola.

Ce ne è un tappeto sul mare, un tappeto di meduse violacee grandi come un pugno, che ti ricordano il guazzabuglio di frutti di bosco e colla di pesce che ti sei ritrovata sulla tavola ad ogni tuo compleanno, dai sei ai diciott’anni,l’ “aspic”.

“Guarda, Marta, le meduse!” ti senti urlare verso le case che hanno tutte un colore diverso, verso la bambina in cerata gialla.

“Oh,Marta! Le meduse! Guarda quante sono!”

E’ a cavalcioni sul muretto che guarda dritto davanti a sé, corrucciata, verso il mare.

“Sembrano la torta della nonna!”

“Sei un genio,sai?”

Perspicace la piccina!

“Andiamo in spiaggia adesso?”

A dirla tutta fa un freddo porco, lei l’hai anche coperta bene, non sia mai che prenda freddo l’unica mattina che uscite da sole, ma tu indossi solo un k-way,sopra la maglietta, quello vecchio che puzza di muffa, l’unico che hai trovato e buttato in valigia senza troppi perché. Almeno ripara dal vento.

“Marta,andiamo?”

Guardi assorta una macchia di benzina nell’acqua del porto, ci sono tutti i colori dell’arcobaleno.

“Andiamo, zia?”

“Non sono tua zia”

Afferri le sue braccia protese e la posi per terra, dopo averle fatto fare mezzo giro in aria, come prima avevi fatto per appollaiarla lì sul muretto e farle vedere lontano,le strappi lo stesso gridolino di gioia.

Il piccolo segreto è che stamattina ti sei alzata all’alba, all’alba sei già stata proprio qui,dopo essere stata lì a guardarli dormire per un po’, loro, l’allegra famigliola, dopo aver sognato di potergli scivolare nell’orecchio, poter entrare nella sua testa affondata nel cuscino nella stessa posizione di sempre, quella che tu bene conosci, intrufolarti lì dentro e lì vivere e vedere e sapere. Tutto qui.

Già pioveva quando sei uscita, e il k-way ha fatto il suo dovere mentre, un piede in fila all’altro, camminavi sul molo; tornata a casa, chiudendoti la porta alle spalle e togliendoti le scarpe, non hai dovuto far altro che preparare la colazione, come se fossi appena alzata e poi chiamare: “Marta,alzati! Si va a vedere il mare in burrasca!”

Che in burrasca non è. Te ne accorgi ora che sei in spiaggia, trascinata dalla bambina con gli stivali di gomma fucsia che tanto ti ricordano qualcuno, insieme al giallo della cerata, ma non ti ricordi né chi né perché, dal porto alla spiaggia ci sono cinquantanove passi, questo lo sai, e le case qui sono colorate.

“ Sai tirare i sassi sul mare?”

“Certo!” ne prendi uno grosso, lo sollevi fin sopra la tua testa e lo lasci cadere pesantemente in acqua, alzando un fuoco d’artificio di spruzzi.

“Non così, facendoli rimbalzare!”

“Si, certo, so fargli fare anche cinque, sei salti!”

“Figurati!”

“Si, si, anche sette”

“Comunque sono pochi, zia, io ne so fare dodici, dai, facciamo la gara! lanciane uno, poi lo lancio io!”

“”No, adesso no, sono stanca”

“Daaai, prova!”

Appena lo prendi in mano lo sai, lo vedi già saltare una volta sola e annegare, quando tocca l’acqua e plof! Affonda, non è una sorpresa.

“Zia! Non sei capace!”

“Non è colpa mia, è colpa del sasso: non è abbastanza liscio , deve essere perfettamente liscio e tondo, per rimbalzare, e piatto anche.”

Marta Borghi ti guarda storto.

“Seh! Sei tu che non sei capace! Guarda come si fa!”

Plof. Ancora peggio del tuo: questa si che no te l’aspettavi.

“Ma perché?” piagnucola.

“Te l’ho detto, Marta, non sono abbastanza lisci”

“Mamma però ci riesce!”

“Certo che ci riesce, vorresti dirle, riesce in questo e in un milione di altre cose, sa farti i biscotti buoni, Marta, e le torte per la colazione, ma io la sento, ogni notte, da quando siete qui, che viene in camera mia e scrosta un pezzo di intonaco con le sue unghie, ogni mattino casa mia è più sciatta per colpa delle sue dita ad uncino.

“certo, perché lei è molto fortunata, ma se ci fossero i sassi lisci perfetti ce la faremmo anche noi”

“Dici che se li cerco li trovo?”

“Mah, forse, quando ero piccola ce ne erano di più, la spiaggia ne era stracolma, ora saranno senza dubbio più rari”

“Dai, dai! Cerchiamoli!”

Cammini,mentre il k-way puzza di vecchio e pensi solo che vorresti entrare nella sua testa, scivolandogli nell’orecchio, perché sua figlia è bella, cammini a riva con lei in cerata che scruta ogni sasso che raccoglie, ma, scontenta, li ributta tutti in mare; “Non è perfetto!”

“Marta, io mi siedo un po’ qui che sono stanca”

“Ma io voglio cercare i sassi!”

“ok, tu continua pure, ma non ti allontanare troppo e fra un po’ torna qui”

“Zia, guarda che se ti siedi lì ti bagni il culo!”

“Guarda che non mi importa”

“Poi papà ti prende in giro”

“Vabbè”

Zigzaga, raccoglie, lancia, ogni tanto un’onda arriva a lambire i suoi stivali e lei si ferma, immobile, aspettando che si ritiri. Stamattina dormivano tutti felici, sotto le coperte pesanti, i loro piedi e le loro mani erano caldi, al sicuro, avresti voluto prendere un piatto qualsiasi dalla credenza , gettarlo a terra ed urlare, ma invece sei uscita, a capo chino sulla discesa per il porto.

“Oh, guarda, corri!Corri!”

“Che c’è?”

“Corri zia, guarda! Un cimitero di meduse!”

Ancora la gelatina, viola, lei le prende una ad una per il cappello e le allinea sulla riva, in un quadrato regolare, tu ti chiedi se ci rimbalzeresti sopra, buttandotici con l’adeguata violenza, vorresti quasi provarci, ma c’è lei e lei è sacra, così prendi un sasso e lo lanci,rimbalza esattamente sette volte, ma lei è troppo presa a giocare con la robaccia molliccia.

“Sai che forse è ora di andare a prendere la mamma?”

“Non ho voglia! Sto giocando!”

“Non è che devi averne voglia, andiamo, dai, ti porto a comprare la focaccia prima, se vuoi”

“Un pezzo grosso?”

“Grosso quanto vuoi”

“Più grosso del tuo?”

“Sicuro. Promesso”

Dieci minuti dopo la mano di Marta scivola dalla tua, mentre corre urlando sul sagrato della chiesa: “Eccoli! Ecco dove sono!” e indica i ciottoli grigi,bianchi,regolarissimi che lo compongono. La vedi che cerca di scalzarli facendo la leva con il puntale dell’ombrello, strizzi gli occhi per il rumore, che ti dà fastidio.

Quando li riapri sua madre sta uscendo dal negozio di candele, vedi che lei le corre incontro.

Chiudi gli occhi, c’è troppo sole. Fine.

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