sabato 7 novembre 2009

YURI-G

di Francesca Stella Riva


Il mare è caldo come brodo, non dà nessun sollievo, potresti cuocerci un uovo dentro, cuocerci il sole che sembra un uovo. Il suo piede si è stufato di stare immerso nell’acqua per saggiarne la temperatura: entro o no? Fino all’orizzonte è limpido,azzurro,sovraffollato,piatto. Ci saranno le meduse? Il bagnino aveva una teoria tutta sua: “le meduse stanno dove l’acqua è pulita,abbiamo il mare più bello di tutta la Versilia”.
E’ ancora presto per tornare a casa,prende la rincorsa,salta la prima onda,salta la seconda e poi, rovinosamente,si tuffa dove l’acqua è ancora troppo bassa, il fondo le raschia la pancia ma lei riemerge felice: è molto più fresco, ora.
Quanti bambini. Bambini che giocano a calcio,bambini che mangiano ghiaccioli,bambini che scavano canali.
Quante madri. Madri che li seguono dappertutto,apprensive,madri che leggono Novella 2000, madri indaffarate a chiacchierare fra loro sotto gli ombrelloni.
“Come quando ero piccola” pensa, “Quando ero piccola”,ricorda,per via del mare così azzurro, “Avevamo un canotto giallo che poteva portare addirittura sette persone e di bambini poi,anche di più,uscivamo al largo fino alle boe dove l’acqua era limpidissima,come in piscina”.
Rimuginando,ha camminato un bel po’ sulla spiaggia,strusciando i piedi per lasciare due solchi paralleli nella sabbia e ora sa che è stanca,si lascia cadere seduta sulla riva osservando il mare,osservando un puntino giallo sul mare.
“Avevamo un grandissimo canotto e quando le conchiglie ne hanno bucato il fondo gli abbiamo fatto un funerale,poi mia zia me ne ha regalato uno nuovo, arancione, con 'Seahawk' scritto sui lati”.
Sorride nel veder che anche quello che sta osservando avvicinarsi ha la stessa scritta: a bordo,a prua,un ragazzino che si atteggia a capitano rema con sicurezza cercando di sfruttare la forza delle onde cavalcandole; aggrappata alla corda su uno dei lati una bambina, il rosa acceso del suo bikini,probabilmente uguale a quello di sua madre, si staglia contro gli altri colori e li sovrasta.
“Sembra la Silvia”, pensa la moglie del medico, seduta sulla riva del mare, “Quella che una volta tuffatasi in acqua non riusciva più a risalire a bordo e allora bisognava spingerla tutti insieme da sotto,la gomma le lasciava striature rosse parallele sulla pancia.
“Chissà che fine ha fatto,chissà che fine hanno fatto tutti gli altri”,solo di Giulia sa,ogni tanto la sente per fare un ritocchino nel suo ambulatorio di chirurgia estetica a Firenze. Giulia Casati,chirurgo, Daniele Paolini,professore di Biologia,Caterina Binetti,fiorista all’ingrosso; nomi,cognomi,professioni,l’appiglio per non dimenticarsi tutti i personaggi della sua vita, un’ancora alla quale aggrapparsi,la schiavitù dell’età adulta. Da bambino le persone te le ricordi per un particolare,non per le voci della loro carta d’identità,il rosario della nonna,papà che sta vestito sotto l’ombrellone,il pacemaker del nonno di Tommy,una scatoletta cilindrica dai contorni nettamente visibili attraverso la sua pelle abbronzata,il costume tigrato di Cristina.
Il canotto è spiaggiato nel frattempo e il capitano ordina alla ciurma di scendere urlando con la voce stridula e grave della prima adolescenza,in una nuvola di schizzi saltano giù,caricandosi quell’enormità gommosa sopra la testa. Sono cinque,in processione l’uno dietro l’altro e assomigliano così tanto a loro,Alessio il più grande, la Silvia e il suo piccolo fratello Giorgio,i cugini Filippo e Tommy, di Firenze,si guarda intorno ed ecco,a pochi metri, la Primetta fare segno di farsi bene la doccia che se rimane il sale addosso poi fa bruciare la pelle tutto il giorno,ecco il cane di Filippo che lo aspetta all’ombra. Gli stessi visi,gli stessi ombrelloni,lo stesso mare,non capisce come possa essere successo ma è tornata indietro,è di nuovo bambina,un miracolo. Un sorriso le si allarga sul viso mentre li vede correre tutti verso il bar per un ghiacciolo,sa che rimarranno un po’ lì a giocare a ping-pong,non li segue,li aspetta dove la sabbia diventa giardino.
“E’ la prima volta che vieni al mare?”
“Si”
“Come ti chiami?”
“Giulia”
“Vuoi giocare a nascondino con noi?”
Senza troppe cerimonie la mettono subito a contare,fino a sessanta.
“Undutrequacisesettonovundiciventitrenquarancinquantasessanta!”
Spariti. Concentrati,Giulia,concentrati e ti ricorderai tutto perché tutto è come allora, sei di nuovo qui,quindi:
”Per Filippo dietro il cespuglio!”
“Non vale,come hai fatto a vedermi,non ti sei nemmeno mossa!”
“Ti ho visto le gambe fra i rami!”
Poi corre verso la sabbia,sporge appena la testa oltre il muro che separa le cabine dal giardino: il rosa acceso del costume di Silvia fa capolino attraverso le foglie della Bouganville.
“Per Silvia,dietro il vaso!”
Lei non ci pensa neanche a correre,non lo faceva mai,nemmeno quando faceva così caldo che la sabbia scottava e bisognava saltellare da una macchia d’ombra all’altra per non ustionarsi i piedi. Trovare gli altri è un gioco da ragazzi,Tommaso è rimpiattato dietro la sedia di sua zia e Giorgio è con Alessio nel solito posto,sotto il pattino.Ha vinto,ora deve contare Filippo. Appena lui chiude gli occhi,lei si mette a correre verso quello che nei suoi ricordi era il posto migliore,si chiude nella doccia e,attraverso un buco nella porta di legno (ancora lì, anche quello è ancora lì) lo vede girare intorno pensoso,fino a che le volta le spalle:scatta fuori e corre,corre ma una mano la ferma:
“Andate a casa?”
“Sì,è tardi, e tu?”
“Io sto ancora un po’ “.
Rimasta sola,di nuovo sulla riva,si sotterra i piedi con la sabbia bagnata aspettando che il sole tramonti,poi,quando è buio,si siede su di una sdraio e bastano pochi secondi perché si addormenti.
La moglie del medico sogna la città,di notte: fuori dalla sua finestra le sagome dei condomini si stagliano nitide contro il cielo,reso traslucido dalla luce dei lampioni. La pioggia cade a gocce sottili,quasi invisibili,ma non smette,mai: piove,piove e piove finché la piscina di sabbia ai piedi dello scivolo non si riempie del tutto,finché non trabocca e tutto il paesaggio si allaga. L’acqua arriva fino alla sua finestra,al secondo piano,le automobili galleggiano,il cemento è il fondo del mare e gli alberi alghe immense,coralli. Apre la finestra e si tuffa.
“Svegliati!”
Quando apre gli occhi tutto è azzurro,ci mette un attimo a mettere a fuoco.
“Vuoi fare un castello di sabbia con noi?”
“Sì,ma facciamolo con la sabbia bagnata,che viene resistentissimo!”.
Scavano,scavano nella sabbia ammorbidita dal mare,scavano con le mani,con le palette,Alessio con la pala del bagnino,modellano prima una grossa montagna,poi una piramide,poi un vulcano. Giorgio si infila nel buco creato dagli scavi,ci finisce dentro fino alle spalle,sul fondo c’è l’acqua e ride di gusto,anche lei ride, l’acqua di mare è trasparente,possiamo camminare fino al pontile,raccogliere conchiglie,affittare un pedalò o giocare a pallavolo,venire in spiaggia a mangiare per mezzogiorno e non ci sarà problema se si metterà a piovere,perché ci rifugeremo nel posto segreto di Giorgio sotto il pattino e sentiremo le gocce rimbalzare sul vetroresina, il loro rumore amplificato dallo scafo,cavo. Ride ride e ride perché tutto è come allora.
“Tommy,andiamo a chiamare tuo nonno,che glielo si fa vedere!”
è vero,ricorda,lui era un muratore da giovane, sabbia o cemento è uguale,no?
“Nonno,nonno!Vieni a vedere che cosa abbiamo fatto!”
“Oh,ciao Giulia,ci sei anche tu?”
“Si,sono arrivata ieri” .
Si china sul vulcano e,saggiandone la compattezza con la mano immensa: “Bello,Proprio bello!”
E poi: “Ma Giulia,li hai aiutati tu?”
“ Si, un po’ ”, dice la moglie,strano,sembra diverso, di poco ma diverso,ad esempio sul suo petto non traspare il pace-maker che lei si ricordava, sembra non esserci affatto, forse una nuova operazione.
“Beh, allora non vale, i grandi non valgono!”
“Ecco, nonno, tu inventi sempre regole nuove e non ti va mai bene nulla!”
“Dai, bravi, andate a giocare e lasciatela un po’ stare, lei, che è appena arrivata,deve riposarsi; allora,com’è che quest’anno sei arrivata in anticipo?”
“Mi sono licenziata, Tom, era vent’anni che facevo le stesse cose, non ne potevo più.”
"Hai fatto bene,allora,quanto credi di fermarti adesso?”
La moglie vorrebbe rispondere “Non so” ma dice “Un mesetto” e spera solo che, al suo ritorno a casa, inizi a piovere e che continui molto, molto a lungo.

“I wish I was Yuri-G.”
P.J Harvey

Nessun commento: