giovedì 5 novembre 2009

Ego

di Valeria Bisson


Volti. Nel vuoto si lanciano. Aprendo le braccia e guardando verso il basso. Ombre. La mia che si staglia lunga e sottile dietro di me quando fa troppo buio per non accendere i lampioni. Bussare. La mia porta ha sempre uno spiraglio aperto da cui filtrano gli umori. Attori. Piacenti ed edonistici, sagaci ed egoisti ad avere tutte le nostre ambizioni. Fumo. Sigarette lunghe e strette, bianche e profumate. Camini alti che sputano densità grigiastre e nebbie perenni. Fumo come quello che ti appanna gli occhi in inverno quando ti sto di fronte e respiro. Rosso. Fragole mature con piccioli estraibili e riapplicabili, ci sono campi interi da non calpestare ma da raccogliere e tenere in tasca per ogni stagione. Come il sangue che esce dalle labbra quando si morde con violenza per esorcizzare la rabbia e trattenere per i polsi la paura. Maniche. Una giacca da uomo marrone, di velluto, con i polsini bianchi e un paio di gemelli scintillanti che formano il carattere. Lunghezze perfette per braccia filanti e vellutate. Mobili e durevoli. Cioccolata. Aroma di caffè lungo tutta una strada che si insinua nelle narici, piccoli fori reattivi. Sposa. Esorcizzare il passato con una nuova commedia non funziona mai. Guanti bianchi da carogna che non si vuole sporcare le mani. Calice. Vino e terracotta, che sfumano i pensieri e fanno sorridere mentre lo sguardo vaga per cercare cose concrete, finché il sorriso piega verso il basso, e tutto resta uguale ai nostri sogni. Strappare. Lacerare la pelle e lacerare abiti usati e vecchi che non mettiamo più. Lasciare un taglio irregolare, che non si può ricucire se non con un filo di filigrana. Ragnatela. Appiccicosa e filante che racchiude i nostri pentimenti e li attanaglia in una morsa trasparente. Ragnatela che lega le nostre braccia e le nostre caviglie, impedendoci di raggiungere mete ambiziose. Ritratto. Donna sorridente con guanti gialli in grembo e cappello verde sbilenco sulla testa, tavolozza cruda e colori opachi. Sfumature e pennellate nervose, estrose e tese. Terse ed estemporanee. Figure serie solitarie e misteriose, dagli occhi languidi e significativi, che non lasciano la presa e seguono ogni angolo. Ghiaccio. Scurito dai passi e dalla cenere, duro e freddo sotto i piedi, scivoloso e malleabile. Maschera che non rivela espressioni né bagliori di eccezione. Ghiaccio trasparente dalle forme appuntite, stalattiti in bilico e stalattiti ancorate alla dura roccia. Che penzolano da un lavandino in inverno, quando le ultime gocce si ostinano a cadere. Lacrime. Salate e macchiate di mascara, che solcano le guance in rivoli irregolari e geometrici, che arrivano a toccare il mento e si perdono nella carta o su una spalla, asciugate da un dito premuroso o da una lingua preoccupata. Singulti forzati quando non vogliono cadere e rimangono bloccate alle estremità, non necessarie e riprovevoli. Disgusto e rabbia e compassione che si mescolano al dolore e alla consapevolezza di sé. Enigma. Punto interrogativo e mistero non ancora svelato, togliere la coperte e lasciare il punto di domanda nudo davanti ai tuoi occhi.

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