sabato 7 novembre 2009

UNA LUCE DI SPERANZA NELL'INFERNO

di Igor


I soldati Serbi entrarono nel villaggio e iniziarono a sterminare le famiglie nelle loro case. Ivan entrò in una casa e uccise padre, madre e due bambini; Alì, il figlio maggiore, prese il fucile e ferì Ivan ad un braccio.
Dal cielo piovvero delle bombe e si udì il rumore di aerei: erano iniziati i bombardamenti della Nato
Il comandante Vlasic ordinò di abbandonare il villaggio, ma Ivan non potè udire il comando e fu abbandonato dagli altri soldati.
Nel villaggio non era sopravvissuto nessun abitante e tutti i soldati se ne erano andati: solo Ivan e Alì erano ancora nel villaggio. Erano ambedue armati e avevano la possibilità di nuocersi l’un l’altro. L’odio sembrava ancora forte in loro. Si guardarono per un momento negli occhi, azzurri quelli di Ivan, neri quelli di Alì, ma entrambi pieni di sofferenza. Improvvisamente negli occhi di entrambi scintillò qualcosa. I due giovani erano sul punto di sparare, ma qualcosa li bloccava. Lasciarono cadere le armi e si abbracciarono. I due rimasero stretti l’un l’altro per qualche infinito istante. I loro occhi versarono lacrime. Poi iniziarono a parlare.
“Io mi chiamo Ivan”
“Io Alì”
“Quanti anni hai?”
“18. E tu?”
“20”
Alì entrò nell’altra stanza della casa, tornò con una benda e fasciò il braccio di Ivan.
“Grazie, ma perché lo fai? Io ho ucciso i tuoi familiari”
“E io ti ho ferito il braccio. Avrei potuto ucciderti. Non è colpa nostra, è colpa della guerra”
“Ma perché ci odiamo? Siamo uguali! Me ne sono accorto solo ora”
“Anch’io”
Ivan seppellì i familiari di Alì. Rimasero sulle loro tombe per qualche minuto pregando il proprio dio: Ivan chiese perdono a Dio e a loro stessi, Alì chiese ad Allah di farli entrare in Paradiso.
Poi seppellirono tutti i corpi degli abitanti e di tre soldati e lasciarono il villaggio.
“Non avevo mai ucciso” comincio Ivan “Non lo dimenticherò mai. Ma perché quest’odio?”
“Hai ragione, questa guerra non ha senso. Volevo entrare nell’Uck, ma ora ho capito.”
“Tu te ne sei accorto in tempo. Io invece l’ho capito troppo tardi. Come posso vivere ancora?”
“Dobbiamo andare avanti e cercare la pace. Ma dove andiamo ora?”
“Andiamo sulle montagne. Saremo più sicuri”
Camminarono verso le montagne. Dopo circa un’ora la strada iniziò a salire. Verso il tramonto si fermarono. Divisero ciò che avevano da mangiare. Poi ripresero il cammino. Dopo meno di un’ora incontrarono due soldati serbi.
“Ivan!” gridarono.
“Michail! Goran! Amici!” rispose Ivan.
Si abbracciarono.
“Finalmente vi rivedo! Ma cosa avete fatto in questi mesi?”
“Ce la caviamo. Cacciamo gli animali, dormiamo in quella caverna.” Rispose Michail.
“A te invece cos’è successo?” chiese Goran.
“Lui è Alì. Ho ucciso la sua famiglia, poi hanno iniziato a bombardare e sono tutti scappati. Siamo rimasti soli nel villaggio e abbiamo capito finalmente che l’odio non ha senso”
“Finalmente l’hai capito” commentò Goran “Io sono Goran”
“Piacere, Alì”
“Io sono Michail. Noi abbiamo disertato dall’esercito perché non vogliamo la guerra”
“Ora l’abbiamo capito anche noi” rispose Alì.


“Restate con noi” propose Goran “Qui siamo abbastanza sicuri, non completamente, ma in pianura è molto peggio.”
“Va bene” rispose Alì “Vi ringrazio per questa ospitalità. Mi fa capire ancora di più che siamo uguali, che non dobbiamo combatterci.”
“Hai ragione” confermò Michail “Purtroppo molta gente non lo capisce.”
“Neanch’io lo capivo.” Continuò Alì “Ero convintissimo dell’odio che provavo e anche la mia famiglia. Solo mio nonno diceva che tutti gli uomini sono uguali e si devono amare.”
“Comunque non è una grande ospitalità: mangiamo quello che troviamo, dormiamo in una caverna. Non è comodissimo. Oggi però abbiamo preso un fagiano. Lo stiamo cuocendo.”
Continuarono a conversare della guerra e di cose più frivole anche mentre mangiavano il fagiano e stava scendendo la notte, quando improvvisamente videro passare sulle loro teste degli aerei, i quali iniziarono a bombardare. Si rifugiarono nella caverna.
“Questi bombardamenti creano solo altri danni!” si lamentò Goran.
“Hai ragione” confermò Alì “Quando c’era il grande Tito nessuno osava bombardare la grande Yugoslavia”
“E vivevamo tutti insieme” continuò Goran “non ci uccidevamo a vicenda, eravamo fratelli.”
“Perché non possiamo più esserlo?” si chiese Ivan.
“Noi abbiamo cominciato” disse Michail.
“Ma io sono un assassino” si lamentò Ivan.
“C’è una seconda possibilità per tutti.” rispose Goran.
Dopo circa un’ora i bombardamenti cessarono, gli aerei si allontanarono e tornò la calma.
Dopo alcuni minuti si udirono degli spari.
“Che succede?” chiese Alì.
“Ogni tanto ci sono degli scontri non lontano” rispose Goran.
“Ma ogni tanto siamo anche stati attaccati” ribadì Michail “Stiamo attenti.”
Si udirono dei passi. Degli uomini si stavano avvicinando: era una squadra di soldati serbi.
“Una caverna” disse uno di loro “Ci sarà qualcuno dentro?”
“Entriamo e se c’è qualcuno uccidetelo” ordinò il comandante “Dobbiamo occupare questa montagna. Non ci devono essere né militanti Uck né civili.”
“Sono troppi” disse sottovoce Michail “dobbiamo uscire per l’uscita di dietro”
Goran andò all’uscita, tolse la pietra che la chiudeva e uscì seguito da Ivan e Alì; stava uscendo anche Michail, ma proprio in quell’istante i soldati entrarono e spararono: Michail ricevette un colpo all’addome, un colpo alla gamba destra e un terzo mortale colpo al petto. Cadde a terra e morì pronunciando la parola Pace.
Goran gridò di dolore e versò copiose lacrime; Ivan e Alì, pur rattristati, trascinarono via Goran.
Fuggirono nel bosco circostante, seguiti da non molto lontano dai soldati serbi, finchè il comandante ordinò di tornare indietro. Si fermarono quindi per un attimo a riposare.
“Michail, amico mio!” gemeva Goran “Perché? Questa guerra mi ha tolto il padre, due fratelli e ora il mio migliore amico.”
“Era un bravo ragazzo, era una persona speciale” commentò Ivan “sarà diverso senza di lui.”
“Era straordinario” commentò Alì “Non guardava le differenze, amava. La vostra religione è fatta di amore e lui la seguiva totalmente. Anche l’Islam vuole l’amore, ma non fortemente come il cristianesimo; noi dobbiamo imparare da voi.”
“Tutti hanno qualcosa da insegnare agli altri e da imparare dagli altri” disse Goran” Lui lo diceva sempre:”
Dopo qualche minuto sentirono dei passi avvicinarsi. Udirono anche delle voci.
“Sarà qualcun altro” osservò Goran “Siamo scoperti stavolta. Stiamo all’erta.”
Degli uomini si stavano avvicinando.
“Fratelli, dobbiamo occupare la foresta, non deve sopravvivere nessuno” ordinò il loro capo.

“Sono dell’Uck. Scappiamo.” disse Goran.
Si girarono e iniziarono a correre, ma i militanti albanesi spararono e due colpi raggiunsero Goran alla nuca; il giovane stramazzò a terra gridando: “Signore fa che ci sia amore tra tutti i popoli della terra e che la mia morte favorisca la riconciliazione.”
Ivan e Alì, nonostante fossero sconvolti dalla morte del compagno, continuarono a correre velocissimamente, sperando di salvarsi per non vanificare il sacrificio dei due amici.
Un colpo sparato da un cecchino stava per raggiungere Alì , ma Ivan si gettò sul compagno e lo salvò, facendolo cadere .
“Grazie, mi hai salvato la vita.”
“Ora merito il perdono di Dio. Ma scappiamo.” Si rialzarono e ripresero a correre, finchè sul fare dell’alba riuscirono a seminare i terroristi. Continuarono a camminare nella valle; il cielo si faceva luminoso, il sole stava sorgendo, la notte, così come il pericolo, era passata. I due giovani, il Serbo e l’Albanese, camminavano insieme. Provavano dolore per i due amici e i familiari morti, sapevano che avrebbero vissuto altri rischi, sapevano che la guerra non era finita, ma avevano capito qualcosa che molti non comprendono: tutti gli uomini sono uguali e devono vivere insieme nella fratellanza, nella libertà e nell’amore.

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